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Web Development

Google-Ue: non è finita. Un’altra stangata in arrivo per Android?

La guerra fra Google e l’antitrust europeo potrebbe essere tutt’altro che chiusa. Dopo la megamulta da 2,4 miliardi di euro comminata dal garante a Big G per aver favorito il suo servizio Google Shopping all’interno delle ricerche di prodotto, una nuova stangata per il colosso di Mountain View sarebbe dietro l’angolo. E questa volta sarebbe colpa delle politiche adottate con il sistema operativo Android.

La notizia la riporta l’agenzia Reuters, secondo la quale entro la fine dell’anno il quadro potrebbe essere molto più chiaro grazie a un’accelerata netta data alla fase di indagine. E anche se siamo ancora nel campo delle ipotesi, questa vicenda rischia di essere ancora più pesante di quella relativa al motore di ricerca, anche in virtù della crescita incontrastata di Android che viaggia su percentuali quasi monopolistiche per il settore mobile.

I fari sul robottino di Google sono stati accesi già da circa un anno. E addirittura tutto risale a una denuncia presentata nel 2013 da FairSearch, un’organizzazione a tutela delle imprese. Alla base ci sarebbero ancora una volta pratiche anticoncorrenziali volte ad incentivare la diffusione dei propri servizi. Questa volta attraverso Android.
La lente di ingrandimento è focalizzata sugli incentivi finanziari corrisposti da Big G ai vari produttori di smartpone in cambio della pre-installazione di Google Search e di Google Play Store sui propri device. Secondo un recente parere dell’antitrust UE, Google «non può punire o minacciare le aziende per non aver rispettato le sue condizioni».

In questi giorni, l’authority Ue per la competizione ha nominato un team di esperti che ha il compito di analizzare nel dettaglio tutte le pratiche messe in campo da Google con Android. E se, a conclusione di questa indagine, i risultati confermeranno le pratiche anticoncorrenziali, la Commissione Europea potrebbe esprimersi entro fine anno con una nuova multa.
Da Mountain View hanno preferito non commentare, anche se in passato la posizione era la seguente: «Non vediamo l’ora di dimostrare alla Commissione Europea che abbiamo progettato il modello Android in un modo che sia funzionale per i consumatori ma anche che garantisca la concorrenza, e che supporti l’innovazione in tutto il continente».

Il punto cruciale è tutto nelle pre-installazioni di Android. Chiunque abbia uno smartphone o un tablet con il sistema operativo sviluppato da Google si è accorto che alcune App sono di default. Fra queste: Google Search e Google Chrome. Ed è tutta da chiarire l’ipotesi degli incentivi finanziari che Google avrebbe elargito ai principali produttori di smartphone per sottostare a queste preinstallazioni. Inoltre, secondo l’accusa, Google chiederebbe ai produttori di device di firmare un accordo che li vincola a non vendere prodotti con copie di Android dissimili dall’originale.

La matassa, insomma, è molto ingarbugliata. E anche stavolta si va dritti verso una storia di algoritmi e tribunali. Giurisprudenza che si incaglia fra dati e tecnologie, occupando settori del tutto nuovi per i quadri normativi esistenti. Una vicenda complessa che, quasi certamente, porterà allo scontro. Con la netta sensazione che molto ci sarà ancora da scrivere.

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