L’avvento del GDPR, il nuovo regolamento per la privacy dell’UE, ha causato una considerevole riduzione dei cookie di terze parti presenti nei siti web di notizie europei.
Il Reuters Institute for the study of journalism ha comparato i cookie salvati da oltre 200 siti di informazione di sette Stati (Finlandia, Francia, Germania, Italia, Polonia, Regno Unito, Spagna) ad aprile e a luglio, ovvero subito prima e subito dopo l’introduzione del GDPR. In media, ne vengono usati il 22 per cento in meno.
La riduzione più drastica è avvenuta nel Regno Unito, in cui i cookie di terze parti sono diminuiti del 45 per cento (più del doppio della media complessiva); Spagna, Francia e Italia seguono con, rispettivamente, 33, 32 e 32 per cento. Poche le variazioni per la Germania, appena il 6 per cento. La Polonia osserva invece un sostanziale aumento, del 20 per cento.
È interessante osservare come a rimetterci siano state più che altro le compagnie più piccole: Google continua ad essere onnipresente (una variazione minima, dal 97 al 96 per cento), mentre Facebook rimane a un confortevole 70 per cento (dal 75 di aprile); nelle retrovie, aziende come comScore, Rubicon Project e Oath perdono fino al 10 per cento. Oracle non compare nemmeno più nella top 10.
Osservando invece i contenuti di terze parti, i più colpiti non sono i banner pubblicitari come si potrebbe prevedere, ma i pulsanti di condivisione degli articoli sui social network. D’altra parte, avevamo già analizzato la loro utilità trovandola piuttosto dubbia.