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«Centralità del cliente»? Ecco perché è soprattutto una questione di tempo

«Centralità del cliente» significa semplicemente rendersi conto che sopravvive nel tempo solo l’organizzazione in grado di soddisfare sempre tutti i suoi clienti. Se poi ci concentriamo sulla parola “sempre” e sulla frase “soddisfazione del cliente”, scopriamo che centralità del cliente significa in realtà qualcosa di straordinariamente facile da spiegare e insieme di straordinariamente difficile da fare:
1. Costruire l’organizzazione a partire dal punto di vista del cliente.
2. Assumere i suoi tempi per stabilire i tempi dell’organizzazione.
3. Assumere i suoi bisogni per progettare le prestazioni di prodotti e servizi dell’organizzazione.
4. Assumere la sua logica per definire le logiche dell’organizzazione.

Centralità del cliente significa soddisfazione, sempre

Soddisfare il cliente “sempre”, più precisamente, significa soddisfarlo in ogni «momento della verità». Il concetto è noto: il momento della verità è definibile come quella micro situazione in cui un qualunque cliente entra in contatto con un qualunque membro dell’organizzazione. È in quel momento che si produce o meno la sua soddisfazione. Vale la pena di soffermarci su questo concetto anche perché spiega molto bene come il tempo, dal punto di vista del cliente, sia in un certo senso fatto in modo radicalmente diverso dal tempo del produttore/fornitore.

La metafora, mutuata dal mondo della corrida, è quella del torero di fronte al toro: il torero rappresenta il fornitore e il toro il cliente. Le due situazioni sono molto simili, innanzitutto per la loro pericolosità. L’unica e se vogliamo fondamentale differenza sta piuttosto nel grado di consapevolezza di questo fatto: nel senso che se non vi è dubbio alcuno che qualunque torero, anche il più esperto, di fronte a qualunque toro, anche il più malandato, abbia una consapevolezza “di pancia” della pericolosità della situazione, è più difficile che la stessa intima coscienza appartenga al centralinista ( solo per fare un esempio) nel momento in cui sta per sollevare la cornetta. Eppure, come detto, in quel momento, proprio in quel momento, si sta producendo oppure no la soddisfazione del cliente (ovvero ci si sta giocando un’occasione di fidelizzarlo o di non riuscire a farlo).

Immaginiamo di trovarci di fronte a un toro. Ha gli occhi iniettati di sangue, sta sbavando di rabbia, sta scavando per terra con una zampa e, ciò che è peggio, sembra avercela proprio con noi. Quello, certo, non sarebbe il momento più adatto per pensare «mio dio che mal di testa», o per avere dei dubbi esistenziali del tipo «mia madre me l’aveva detto di non fare questo mestiere», o «mi dia il tempo che ci vuole». E tutto questo non perché non sia lecito avere il mal di testa o dubbi esistenziali o ci occorra più tempo per rispondere ad una richiesta, ma per il semplice fatto che il toro se ne frega: parte e ci incorna. Quello non è il momento adatto perché, per usare un gergo televisivo, tutto è in diretta, tutto avviene adesso.

Il tempo, il ritmo del cliente è fatto di istanti, di attimi, di singoli fotogrammi, di «Si/No», di tanti adesso. Lo yogurt deve essere fresco quando ho voglia di mangiarlo: non prima, né dopo; l’auto deve partire quando mi serve, non ieri o domani; il servizio al ristorante deve essere rapido quando lo voglio, oppure cortese e attento nell’esatto istante in cui lo desidero così. L’espressione, fin troppo abusata, «il cliente è il re» significa, né più né meno, questo.

ll tempo dal punto di vista del fornitore è invece qualitativamente diverso: è fatto di prima e dopo, di processi, di film interi e non di singoli fotogrammi, di statistiche, programmi, periodi, pause, stagioni… È, insomma, più allungato, più meditato più lento. Il tempo del cliente è un punto mentre il tempo del fornitore è un diagramma di flusso. Questo non significa affatto che i due ritmi siano, necessariamente, in contraddizione. Ma occorre saper mettere l’uno – il tempo del fornitore – al servizio del tempo del cliente.

Perché se ormai il tempo “giusto” non può che essere scandito dai clienti e dal loro punto di vista, è su questo tempo che occorre imparare a “ballare”.

* Partner di Newton Management Innovation

Clicca qui per i precedenti della serie «Sbagliando si impara»:
1) Pensare e prendersi responsabilità: due fattori chiave per il successo
2)L’importanza di saper ascoltare, perché «sentire» non basta
3) Per governare la complessità bisogna farsi le domande giuste

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