Il vento sulla web tax è cambiato. I governi leader dell’Ue (Germania e Francia) hanno già raggiunto un’intesa di massina sull’introduzione di una tassa unica a livello europeo: il documento comune sarà sul tavolo del Consiglio Ecofin che si terrà a Tallinn, in Estonia, il 15 e il 16 settembre, dove il tema della tassazione dei big del web è un punto chiave dell’agenda. “L’Unione europea è pronta ad alzare le tasse ai colossi multinazionali del web dell’Ue” ha fatto sapere la presidenza estone in vista del Consiglio. Così, l’eventuale introduzione un regime fiscale armonizzato a livello europeo sarebbe la soluzione migliore per contrastare le pratiche diffuse di elusione fiscale connesse all’economia digitale. “Solo in Italia nel 2015 Google e Facebook avrebbero pagato fino a 190 milioni al Fisco rispetto a 2,4 milioni realmente versati”, si legge nello studio dell’ufficio parlamentare di bilancio (UPB), presentato a marzo scorso da Alberto Zanardi, componente del Consiglio dell’UPB), in audizione al Senato.
Pensate tutti gli OTT, che fatturano nel nostro Paese, nel 2016 hanno versato, in totale all’erario, solo 11,7 milioni, meno, molto meno, delle tasse pagate da un’azienda media italiana. Per questo motivo Francesco Boccia (PD), autore dell’emendamento che ha introdotto in Italia, dal 24 giugno scorso la cosiddetta ‘web tax transitoria’, ha definito la norma “una misura di equità sociale”.
Francesco Boccia (PD): ‘Al più presto una norma Ue’
E proprio Francesco Boccia poche ore fa è intervenuto a Bari in un dibattito sulla tassazione dei giganti del web: “Non basta sgranare gli occhi quando si legge che le multinazionali del web fanno profitti miliardari nel mondo, ma le tasse che pagano nel nostro Paese sono inferiori a quelle di un commerciante di provincia. Chi fa politica e non interviene è corresponsabile di questa voragine che danneggia i Paesi e i contribuenti onesti”, ha detto il presidente della Commissione Bilancio della Camera, che ha aggiunto: “Serve immediatamente ridefinire una volta per tutte in Europa l’intelaiatura fiscale al tempo del digitale. Basta con la farsa della ‘non stabile organizzazione’ per giustificare la continua elusione fiscale dei giganti del web”.
Boccia ha ricordato che il Parlamento italiano aveva affrontato il cuore del problema nel 2013 ma poi è mancato il coraggio di fare in Europa gli apripista per regolare una rivoluzione che oggi è sotto gli occhi di tutti. “Dal 2017 abbiamo fatto il primo passo con la ‘web tax transitoria’, ma non basta. Finora hanno pagato le multinazionali che hanno subìto inchieste e indagini, fatte con grande professionalità, dalla Gdf e coordinate dalla Procura di Milano e dall’agenzia delle Entrate. Non possiamo pensare però che il gettito fiscale possa derivare dal numero di inchieste”, si legge nella dichiarazione del deputato PD. Francesco Boccia ha poi così concluso: “Serve un’Italia coraggiosa in un’Europa debole e condizionata dalle lobbies, serve intervenire sulle imposte indirette in modo da far pagare ai colossi del web il giusto carico fiscale nei Paesi in cui fanno profitti. Oggi, con ritardo, Francia e Germania si stanno allineando alla nostra stessa posizione. Mi auguro si possa trovare al più presto una soluzione definitiva per mettere la parola fine a questa insopportabile e intollerabile evasione fiscale permanente”.
Pubblicità online in Italia
I dati forniti dall’ufficio parlamentare di bilancio sono stati calcolati prendendo in considerazione la pubblicità online gestita dagli Over the Top (OTT).
Il settore della raccolta pubblicitaria online è fortemente concentrato e ha due operatori, Google e Facebook, che detengono quasi il 50% del mercato complessivo.
Sulla base dei dati sulla raccolta pubblicitaria disponibili forniti dall’Agcom, relativi al 2015, i ricavi generati da Google nel nostro Paese (“ricavi geografici”) sono stimati in 570 milioni a fronte di 67 milioni risultati dal bilancio di Google Italia (“Ricavi di Gruppo”).
Per Facebook la differenza è ancora maggiore: rispettivamente 225 milioni i “ricavi geografici” contro 8 milioni dichiarati (“Ricavi di Gruppo”).
Nel caso di Google, i ricavi della pubblicità online che si stima originino in Italia rappresentano il 2,4% del mercato europeo, quelli riportati nel bilancio di Google Italia sono lo 0,3%. Per Facebook la divergenza è anche più importante con il 2,8% di ricavo geografico contro lo 0,1% di ricavo di gruppo. Nel 2015 il peso delle imposte sugli utili generati in Italia ammonta al 24,6% per Google e al 18,1% per Facebook a fronte di un’aliquota effettiva (Ires e Irap) del 31,4%.
Anche negli USA OTT alle ‘strette’
Il vento su una rigida tassazione dei giganti del web sta cambiando anche negli Stati Uniti. L’amministrazione Trump sta lavorando alla norma per obbligare gli OTT a far rientrare i capitali che nascondono all’estero. Questo perché i giganti del web evadono le tasse anche negli USA, in cui la pressione fiscale è molto alta, trasferendo il denaro nei paradisi fiscali. Anche l’Ue si dice, al momento a parole, pronta a interrompere le pratiche di elusione fiscale dal paese europeo d’origine dei ricavi. A Tallin, tra una settimana i ministri dell’economia e delle finanze degli Stati membri hanno davvero la possibilità di introdurre la ‘Web Tax nell’Ue’, ossia misure che pongono fine alle triangolazioni finanziarie che coinvolgono Irlanda, Paesi Bassi e le Bermuda o le Isole Cayman, solo per fare due esempi.
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