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Più tempo si passa sulle piattaforme pirata, più aumenta il rischio di attacchi informatici ai nostri dispositivi. Pubblicato nuovo studio della Carnegie Mellon University. Bagnoli Rossi (FAPAV): “Le piattaforme pirata traggono profitto anche dalla vendita dei dati personali degli utenti”.

Ogni volta che un utente passa più tempo sui siti web pirata che offrono gratuitamente e illecitamente film, serie tv e file musicali, protetti dalle leggi del diritto d’autore, aumenta del 20% il rischio di contrarre malware e altre minacce informatiche.

È quanto stabilito da un nuovo studio, “Does Online Piracy make ComputersInsecure?

Evidence from Panel Data”, pubblicato a marzo dalla Carnegie Mellon University e dedicato proprio al rapporto sempre più stretto che esiste tra il consumo illegale di contenuti online protetti da copyright e attacchi informatici ai dispositivi degli utenti.

Il documento illustra gli esiti di un lungo periodo di osservazione e monitoraggio delle attività di 253 utenti tra il 2016 ed il 2017. Sulla base dei dati raccolti, 174 utenti sul totale hanno visitato almeno una volta un sito pirata e dai controlli effettuati da remoto è emerso che nei loro pc o altri device in uso hanno erano presenti una media di 1,4 file infetti, relativi proprio al consumo di contenuti piratati.

Al contrario, chi non accedeva a tali siti non superava la media di 0,7 malware nel proprio dispositivo.

Una piccola frazione del campione, inoltre, sembra non abbia utilizzato le dovute precauzioni durante la navigazione dei siti pirata e il consumo dei contenuti offerti, in termini di software antivirus o anti malware, peggiorando ulteriormente il livello di rischio generale di attacchi informatici (soprattutto malware generici e ransomware) e senza mostrare ulteriore volontà di installare tali software a difesa dell’integrità informatica dei propri device.

Secondo gli ultimi dati della ricerca FAPAV/Ipsos, solo il 56% dei pirati, infatti, è consapevole di questi rischi, mentre la percentuale tra i più giovani è ancora più bassa (46%). Frodi informatiche di vario tipo e la probabilità di imbattersi in malware, phishing e furto di dati personali sono invece più alte di quanto si possa pensare.

E’ importante ricordare – ha inoltre sottolineato Bagnoli Rossi –  che talvolta le piattaforme che offrono illecitamente contenuti tutelati, traggono profitto, oltre che dalla pubblicità, anche dalla vendita dei dati personali degli utenti che si registrano a tali siti: una zona oscura del web in cui le normali regole relative la privacy e il trattamento dei dati personali vengono meno. Una corretta educazione digitale, da affrontare anche nelle scuole, diventa pertanto centrale per affrontare con la piena conoscenza delle conseguenze la nostra vita sul web.

In un Rapporto di Intelligent Content Protection del 2014 si afferma che il 90% dei siti web pirata più popolari “pullula di malware ed altre minacce informatiche, tra cui quelli che il documento chiama “potentially unwanted programmes“, categoria vasta che include software più o meno pericolosi per i nostri dispositivi e soprattutto i nostri dati personali più sensibili (credenziali per conti bancari/postali online, carte di credito e molto altro).

 

Fonte: Key4biz.it

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