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Pugno di ferro della Commissione Ue, che propone multe fino al 4% del fatturato globale per i marketplace che violano i diritti dei consumatori online. Maggiori tutele per i consumatori, soprattutto quelli digitali.

E’ questo il senso del New Deal per i consumatori reso noto dalla Commissione Europea, che di fatto punta ad aumentare la trasparenza nelle vendite online, accrescere la protezione per i servizi gratuiti, permettere ai gruppi di consumatori di fare delle cause collettive e fissare degli standard minimi per compensi individuali e multe ai venditori che violino i diritti dei consumatori. L’iniziativa della Commissione rientra nel lavoro di revisione della regolazione a tutela dei consumatori, avviato dopo il Dieselgate, e ha lo scopo di accrescere la protezione dei consumatori online nel quadro del Digital Single Market.

In questo ambito, la Commissione vuole più trasparenza sui marketplace in rete, con l’obbligo di precisare se l’acquisto avviene da un negoziante o da un privato, in modo tale da potersi rivalere in base ai loro diritti. Inoltre, i consumatori devono sapere se nelle ricerche online l’indicizzazione del risultato è frutto di pagamento da parte del venditore.

In seguito all’indagine della Commissione Ue su Google, con relativa multa antitrust da 2,42 miliardi di euro, diventa obbligatorio per i marketplace online informare i consumatori sui criteri che determinano l’indicizzazione dei risultati delle ricerche.

Inoltre, la Commissione vuole che i servizi digitali gratuiti siano soggetti alle stesse regole di tutela valide offline. Ad esempio, applicando il diritto di recesso da un contratto entro 14 giorni dalla sottoscrizione. Tanto più che, sottolinea la Commissione, i servizi gratuiti online vengono pagati indirettamente con la cessione di dati personali al fornitore. È questo il caso dei servizi di storage su cloud, social media o posta elettronica.

Per quanto riguarda la richiesta di risarcimento danni o compensazione in Rete, la Commissione vuole aprire le porte alla possibilità di richieste collettive di compensazione tramite associazioni no profit. Uno strumento legale alternativo alla class action di matrice statunitense, che secondo la Commissione ha il vantaggio di costare meno.

I singoli individui potranno fare causa a livello individuale, chiedendo i danni ad esempio per pratiche commerciali scorrete in materia di pubblicità ingannevole e marketing aggressivo. Un terreno, quest’ultimo, nel quale ad oggi gli stati membri si muovono in ordine sparso.

Anche sul fronte delle sanzioni, il nuovo corso della Commissione Ue per la tutela dei consumatori prevede un inasprimento delle pene, in particolare per le violazioni massive dei diritti degli acquirenti. Ad oggi, secondo la Commissione, le sanzioni sono troppo basse soprattutto per le aziende che vendono all’estero e che operano su larga scala.

E’ per questo che le Authority nazionali avranno facoltà di imporre multe più salate, fino al 4% del fatturato globale annuo in ogni paese colpito da pratiche scorrette. Gli Stati membri sono liberi di introdurre sanzioni massime più elevate.

Per quanto riguarda le aziende, la Commissione Ue allenterà invece gli obblighi sul fronte dell’obbligo di ritiro e sostituzione dei prodotti. Ad esempio, le aziende non saranno più obbligate a sostituire merci già utilizzate dagli acquirenti. Abolito altresì l’obbligo di rimborso prima di aver materialmente ricevuto la merce resa. Le nuove norme introdurranno anche una maggiore flessibilità nel modo in cui i professionisti possono comunicare con i consumatori, consentendo di utsare anche moduli web o chat anziché la posta elettronica, purché i consumatori possano tenere traccia delle comunicazioni con il professionista.

Le nuove norme dovranno ancora passare al vaglio dal Parlamento e dal Consiglio Ue. Non c’è un termine temporale entro il quale chiudere la partita.

 

Fonte: Key4Biz.it

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