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Riforma PA. Madia accelera su domicilio digitale, ma l’Anagrafe unica resta al palo

È partito prima del previsto l’iter per l’avvio del domicilio digitale, cioè l’attivazione dell’indirizzo online per far comunicare direttamente cittadini e Pubblica Amministrazione. Lo strumento è parte integrante del decreto correttivo del Codice dell’amministrazione digitale (Cad), al momento in fase di esame in Consiglio dei ministri.

 

La novità è stata annunciata anche dalle pagine di Governo.it. Dove alla voce “Riforma della Pubblica Amministrazione” (Consiglio dei Ministri n. 43) si legge che il provvedimento è teso a “rafforzare la natura di “carta di cittadinanza digitale” della prima parte del Codice, concentrando in essa le disposizioni che attribuiscono a cittadini e imprese il diritto a una identità e a un domicilio digitale, quello alla fruizione di servizi pubblici online in maniera semplice e mobile-oriented, quello a partecipare effettivamente al procedimento amministrativo per via elettronica e quello a effettuare pagamenti online”.

 

Si saltano quindi le tappe previste per l’Anagrafe unica della popolazione residente (Anpr) e si passa subito ad una fase operativa per il domicilio digitale. Come riferito dall’Ansa, “chi vorrà potrà subito attivare il domicilio come posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito in linea con le regole imposte dall’Unione europea”.

Prima del via libero definitivo, comunque, il decreto legislativo dovrà passare l’esame della Commissione competente.

 

Resta da capire in che modo è possibile questa operazione, visto che il successo del domicilio digitale è legato strettamente all’anagrafe. In teoria, tale domicilio è fornito direttamente dal Comune di residenza (su richiesta del cittadino) per essere poi inserito nell’Anpr.

 

Sulla carta si manda così in pensione la tradizionale cassetta della posta. È stata la stessa Ministra per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, Marianna Madia, a richiedere la correzione del decreto sulla PA digitale e procedere con lo sblocco del servizio.

In tal modo, si legge su La Repubblica online, si potranno diminuire drasticamente le spese postali, “almeno di 250 milioni di euro l’anno”.

Il condizionale è certamente d’obbligo.

 

Nella nota tecnica alla correzione, di cui alcuni l’Ansa ha riportato alcuni stralci, si legge: “Con il domicilio digitale le PA non dovranno più sostenere i costi per produrre, conservare, trasmettere documenti cartacei, né altri costi, diretti (carta, toner, buste, etc.) e indiretti (costo del lavoro, tempo per attività manuali, tempo impiegato dal destinatario in caso di assenza per recuperare una raccomandata, etc.)”.

 

Quanto alle attività di manutenzione ed erogazione del servizio, “si prevede una spesa di circa 200.000 euro per il 2018 e il 2019”.

 

Più incerti i tempi, perché il sistema sembra sarà disponibile “in più fasi”: l’infrastruttura sarà terminata entro l’anno, per entrare a regime nel 2019.

 

Una soluzione che pare andare nella direzione di sviluppare nel tempo un rapporto più trasparente e diretto tra il cittadino e la PA. Pur non essendo obbligatorio, il domicilio digitale sarà la nostra casella di posta virtuale (al posto di quella fisica), dove ricevere ogni tipo di notifica e comunicazione, multe comprese.

 

Le nuove regole varranno poi anche per i gestori di servizi pubblici, le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione e le autorità del sistema portuale.

 

Il provvedimento introdurrà anche la nuova figura del difensore civico unico digitale, che rappresenterà tutte le PA. I domicili digitali saranno raccolti in un indice, realizzato prezzo l’Agenzia per l’Italia digitale. Si tratterà di un portale online ad hoc quindi.

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