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In occasione del rientro a lavoro dopo le vacanze estive Cyber Guru ha voluto indagare il livello di preparazione di alcuni professionisti sulla cyber sicurezza

Cyber Guru, piattaforma di Security Awareness Training, ha di recente testato alcuni professionisti sulla loro preparazione sulla cyber sicurezza. I dati emersi riportano una fotografia in cui più della metà dei lavoratori intervistati si dichiara consapevole dei rischi: il 65% oggi sa che gli attacchi sono più frequenti e che bisogna prestare attenzione. Eppure, resta importante la percentuale di professionisti che sottovalutano la minaccia (35%, più di 1 utente su 3), e sono ancora molto diffusi gli errori a sfavore della cyber sicurezza dettati dalla fretta e dall’esigenza di essere sempre iperconnessi e attivi nel mondo digitale. Con 5 miliardi di utenti sul web (la popolazione mondiale è poco meno di 8 miliardi) e tre milioni di mail inviate ogni secondo, la rete è un Far West in cui occorre muoversi sempre più in maniera cauta, cedendo il passo alla riflessione e al caro vecchio buon senso piuttosto che all’immediatezza. 

Secondo il Data Breach Investigations Report, l’elemento umano è responsabile del 74% delle violazioni informatiche. In pratica, 3 incidenti su 4 sono causati dall’intervento umano che in quasi la totalità delle occasioni (95%) comporta perdite economiche. 

Sebbene il 75% dei lavoratori separi lo smartphone aziendale da quello personale ed il 58% abbia un PC in ufficio e uno a casa, una suddivisione che in via teorica è ottimale per evitare rischi di ‘contaminazione’ tra i due mondi, nella pratica spesso e volentieri le persone usano i device aziendali e privati in maniera fluida, esponendo quindi entrambi i device a un doppio rischio in materia di cyber sicurezza. L’utilizzo promiscuo dei device personali e aziendali, infatti, fa decadere l’utilità di averli separati, tuttavia questo non sembra preoccupare il campione: il 60% utilizza i device aziendali anche per scopi personali, al 33% è accaduto di accedere ai propri canali social da device aziendali senza ritenerlo particolarmente pericoloso, e dal device personale si leggono le mail del lavoro (29%). Il rischio di questa commistione tra sfera privata e lavorativa su device aziendali e personali è soprattutto quello di facilitare il social engineering, cioè l’attività con cui un malintenzionato spinge le persone a fornire dati sensibili, con il concreto rischio di danneggiare l’azienda per cui si lavora o informazioni personali come password o dati bancari. Vi è comunque un controbilancio positivo, le persone sono sempre più consapevoli dell’importanza di un utilizzo privato dei loro device, sia aziendale (83%) che personale (60%), non permettendone l’utilizzo da altre persone.   

Insieme alla disinvoltura digitale, a mettere a rischio la cyber sicurezza è anche la necessità di agire sempre in fretta, insieme al FOMO (Fear Of Missing Out), che incentivano la miopia degli utenti davanti a situazioni rischiose. Connessioni apparentemente innocue come Wifi pubblici, QR code, e colonnine di ricarica non sono in genere percepite come pericolose, ma possono in realtà dare un facile accesso ai malintenzionati. Il 69% del campione, se avesse bisogno con urgenza di connettersi, lo farebbe anche ad una rete Wi-Fi non protetta da password, il 63% ammette di cliccare su link promozionali senza particolari verifiche se l’offerta è allettante, il 62% sarebbe disposto a inquadrare con lo smartphone personale un QRCode affisso sulla porta della palestra sotto l’ufficio per avere uno sconto sull’abbonamento, il 52% ha approfittato o approfitterebbe delle colonnine di ricarica pubblica pur di non rischiare di rimanere senza batteria,  ed il 46% del campione scaricherebbe un file arrivato via mail senza farsi troppi scrupoli se gli è necessario e il mittente gli è ‘sembrato’ sicuro. Tutti comportamenti avventati che possono permettere l’accesso al nostro network lavorativo o aprire la porta del nostro conto in banca a dei potenziali cyber criminali.  

I risultati di questo sondaggio in materia di cyber sicurezza dimostrano quanto siano i comportamenti umani, prima ancora che le tecnologie, a rappresentare il vero anello debole della catena difensiva. “L’eccessiva disinvoltura digitale, la necessità di agire immediatamente, l’essere multitasking su più fronti contemporaneamente, ci inducono a non prestare la giusta attenzione a ciò che stiamo facendo mentre siamo online.”  Spiega Vittorio Bitteleri, Country Manager Italia di Cyber Guru, che prosegue “Non è sensato, ad esempio, separare i device lavorativi e personali se poi si usa lo smartphone aziendale per andare sul proprio profilo Instagram; è essenziale essere cauti e fermarsi a riflettere prima di agire, ricordando sempre che tutti possiamo essere vittime di un cyber attacco.”  

Fonte: bitmat.it