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Formazione/Finanziamenti

Dopo la stampa crollerà anche la tv?

Alla fine degli anni 90 uno dei temi più discussi era la possibile fine per l’industria della carta stampata. Gli utenti stavano iniziando a sostituire l’informazione resa dai quotidiani con quanto trovavano online e le ricche fonti di ricavi per i giornali stavano iniziando a faticare grazie alla concorrenza di soluzioni online più efficaci.

Prima è arrivato il crollo dei ricavi dal business dei piccoli annunci (lavoro, immobiliare) poi la programmazione tv e dei cinema sono state sostituite dai più comodi servizi online e infine anche al pubblicità tabellare cartacea ha iniziato a soffrire dietro alla concorrenza di soluzioni di advertising online più potenti e tracciabili. In ultimo l’arrivo dei tablet ha sostituito il caffè della mattina accompagnato dallo sfoglio di scomodi paginoni cartacei con alternative digitali più interattive e versatili.
Per una decina di anni, tra la fine degli anni 90 e il 2010 gli editori hanno sottovalutato il problema: gli abbonamenti continuavano a sostenere il business e le aziende non sembravano tirarsi indietro dagli investimenti pubblicitari. Come un fulmine però, negli ultimi anni, le cose sono cambiate radicalmente: i ricavi da inserzioni pubblicitarie sono crollati drasticamente e il numero di copie distribuite ha subito crolli vertiginosi. Non è quindi strano scoprire che il titolo RCS ha perso in soli 6 anni ben l’80% del proprio valore, l’Espresso il 70% e anche all’estero le cose non sono molto diverse con il NYT che è passato da 50$ per azione a 6$. La fine, o perlomeno un enorme ridimensionamento, sono molto vicini per la stampa.
Anche per la TV, soprattutto negli Stati Uniti, iniziano a vedersi primi segnali di cambiamento con fenomeni molto simili a quanto già successo nell’editoria. Non sembra quindi così lontano – vista la velocità con cui le abitudini dei consumatori e le tecnologie si stanno evolvendo – un futuro diverso dall’attuale anche per il settore televisivo in Europa.
Il modo in cui consumiamo la TV è cambiato radicalmente negli ultimi anni:
  • seguiamo i TG on-demand su web, non c’è più l’appuntamento fisso alle 20 su RAI2
  • scarichiamo i film da iTunes (a breve anche da Netflix) o da sistemi P2P
  • guardiamo raramente dirette TV se non per gli eventi sportivi
  • su SKY o Mediaset Premium scegliamo la nostra programmazione preferita e ci costruiamo un palinsesto personalizzato registrando i programmi
  • guardiamo i contenuti video su device diversi (iPad, tablet, smartphone, notebook)

In poche parole quello che sta succedendo è che non consumiamo più in modo passivo la programmazione televisiva ma scegliamo quello che preferiamo vedere e lo seguiamo su device diversi che spesso non coincidono con il vecchio apparecchio a tubo catodico.

Un mercato che non crollerà sicuramente con la stessa rapidità con cui si è dovuta inginocchiare la stampa tradizionale ma che subirà enormi cambiamenti nel corso dei prossimi anni.
Network televisivi che sposteranno gradualmente il media di trasmissione su IP, applicazioni con palinsesti personalizzati, formati di serie TV interattive, una probabile televisione Apple con un completo ecosistema di applicazioni e la possibile sottoscrizione di singoli canali e sempre meno persone che seguiranno in modo passivo i palinsesti definiti dalle emittenti.
Siamo quindi vicini, a mio avviso, a un cambiamento epocale che non potrà che creare una moltitudine di opportunità per startup capaci di innovare un modello ormai vecchio e obsoleto.

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