Il 1° gennaio 2019 è ancora lontano. Nei primi cinque mesi di quest’anno, oltre il 97% delle fatture elettroniche transitate dal Sistema di interscambio (Sdi) è stato indirizzato alla pubblica amministrazione (per la quale l’obbligo è scattato tre anni fa). Se si escludono i disguidi di trasmissione, gli invii tra privati non arrivano al 2% del totale, pari a circa 50mila al mese. Come dire: servirà un salto tecnologico e di prassi commerciali fortissimo per raggiungere i 158 milioni di fatture digitali mensili che si stima saranno emesse con l’obbligo a regime
SEMPLIFICARE LA E-FATTURA
I lavori sono ancora in corso, a 105 giorni dalla scadenza in cui la legge prevede il debutto della fattura elettronica obbligatoria per tutte le operazioni tra partite Iva (business to business) e con i consumatori (business to consumer). Tanto è vero che si preannuncia un restyling di «Fatture e corrispettivi», il sito internet gratuito delle Entrate con cui i piccoli operatori possono inviare e conservare le fatture elettroniche emesse e ricevute. Ma questa è solo una delle novità in cantiere. In Parlamento sarà incardinata a breve una proposta di legge a firma della presidente della commissione Finanze della Camera, Carla Ruocco (M5s). L’obiettivo è tagliare ulteriormente gli adempimenti: a partire dall’addio alla comunicazione dei dati delle liquidazioni Iva.
In parallelo, la scorsa settimana la commissione Finanze del Senato ha raccolto la voce dei professionisti. I commercialisti hanno chiesto una proroga differenziata, in base alle dimensioni aziendali. Secondo il presidente del Consiglio nazionale Massimo Miani, c’è «grande impreparazione dei clienti», che rischia di sovraccaricare gli studi, chiamati a emettere le e-fatture. Ma intravede complessità gestionali «inaudite» in una eventuale partenza scaglionata la responsabile area politiche fiscali di Confindustria, Francesca Mariotti: «I sistemi gestionali devono partire tutti insieme, sia per le operazioni attive che passive: nella fattura c’è tutta la politica commerciale di un’ azienda. Serve quindi stabilità». «Senza contare – conclude – che le imprese hanno già investito molto sui sistemi operativi, senza incentivi».
Sempre a Palazzo Madama anche i consulenti del lavoro hanno ipotizzato una partenza soft, ma solo con una moratoria sulle sanzioni. Anche per superare le difficoltà tecniche: «Solo il 35% dei numeri civici nel Paese è servito dalla banda larga», ricorda Sergio Giorgini, vicepresidente del Consiglio nazionale con delega alla fiscalità.
Qualche difficoltà in più si segnala per i gestori di servizi a rete (acqua, luce e gas) che in alcuni casi hanno anagrafiche ancora prive del codice fiscale dei clienti, prerequisito indispensabile per la e-fattura.
Tutte le categorie si stanno preparando anche con incontri formativi e convegni sul territorio. In più i commercialisti stanno lavorando a un portale specializzato da offrire a costi contenuti ai propri associati e ai clienti. Il Consiglio nazionale vuole arrivare ad avere un sistema con funzionalità aggiuntive rispetto alla piattaforma delle Entrate. «Memorizzerà le anagrafiche dei clienti e caricherà in una sola operazione in caso di articoli plurimi in fattura», precisa Roberto Cunsolo, tesoriere con delega alla fiscalità. Che aggiunge: «I clienti avranno subito in un’unica schermata il proprio ciclo attivo e passivo». Il bando di gara per le software house dovrebbe essere pubblicato proprio oggi sul sito del Cndcec. Solo alla fine della competizione si sapranno i prezzi che il Consiglio è riuscito a spuntare, ma si partirà da un primo pacchetto di documenti gratuito, mentre per i successivi il costo dovrebbe rimanere concorrenziale. «Sul fronte della riduzione dei costi abbiamo già avuto un primo successo – aggiunge Miani – visto che abbiamo ottenuto da Sogei la conservazione sostitutiva, anche a fini civilistici, gratuita».