E’ una domanda a cui cerca di rispondere wired.it
Uno dei principali motivi per cui le aziende italiane non investono in innovazione è la carenza delle infrastrutture tecnologiche del nostro Paese. La riforma del mercato del lavoro e le politiche di liberalizzazione e privatizzazione alle aziende interessano poco. È quanto emerso dal rapporto presentato da Business International alla tavola rotonda con il governo intitolato Come prosperare in una decade di crescita zero.
Il tema del digitale è finalmente entrato nell’agenda del governo e questo è un fatto. Nel rapporto però si sottolinea che “la dimensione dell’urgenza è percepita di più nell’ingessatura di un sistema altamente non lineare di gangli burocratici e storture”.
Quali sono dunque le cause del ritardo nell’investimento in innovazione rispetto agli obiettivi fissati dall’Agenda digitale europea? Al di là della scontata crisi e della carenza delle infrastrutture tecnologiche (40,8%), gli altri fattori che frenano gli investimenti in innovazione, secondo un campione del top management italiano, sono l’attuale quadro normativo (42,9%) e la scarsa disponibilità dellebanche a finanziare i progetti presentati (40,8%). Nello specifico, per oltre un quarto del campione a rallentare il processo innovativo sono i ritardi nell’erogazione di servizi pubblici digitali (26,2%) e la scarsa offerta generale di servizi digitali (25,1%), fra cui per esempio servizi di fatturazione ed e-commerce. Secondo il rapporto c’è “ una forte attenzione degli imprenditori italiani verso interventi strutturali più legati all’efficienza dei servizi e delle procedure che ai classici interventi keynesiani di finanziamento d’infrastrutture”. Perché l’infrastruttura di cui maggiormente si preoccupano gli imprenditori oggi è quella telematica (75,3%), mentre ferrovie, reti elettriche ed energetiche vengono ben dopo (48,8% e 43,2%), nonostante la maggior attenzione riservata dai media alle crisi dei relativi settori.
Tornano allo specifico della congiuntura economica, le difficoltà per gli imprenditori sono create sicuramente dalla diminuzione degli ordini e delle vendite (62%) , ma un ruolo chiave lo giocano l’insolvenza dei clienti (60%) e i ritardi nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione (25%), a cui si sommano l’inefficienza della burocrazia (50%), l’aumento del costo del credito (40%) e la difficoltà ad accedervi (39%) insieme a un aumento dei prezzi delle materie prime (29%). La concorrenzastraniera? C’entra poco e nulla (16%) con le difficoltà incontrate dalle aziende.
Che fare quindi? La prima richiesta è una riforma generale della pubblica amministrazione (77%) e uno sviluppo dell’infrastruttura digitale (75%). Abbassamento della pressione fiscale (68%) e defiscalizzazione degli utili reinvestiti nell’impresa (60%), per quanto rimaste fra le priorità, sono ora meno importanti di fronte allo scoglio del digital divide che non vuol più dire che manca la rete nei piccoli borghi del Sud Italia, ma che siamo rimasti indietro rispetto all’evoluzione dello scenario digitale.